L'ECO DEL BOSCO H2O REPERTI
A cura di Giacinto di Pietrantonio
dal 7 al 29 Giugno2019
A cura di Giacinto di Pietrantonio
dal 7 al 29 Giugno2019
L’Eco del bosco H2O Reperti è il titolo della mostra che presenta una serie di nuove opere di Franco Marrocco del ciclo L’eco del bosco, tema dedicato dall’artista alla “memoria” del mondo naturale e alle suggestioni sonore della sua pittura.
L’impianto è quello monocromo, ormai cifra delle sue superfici velate, tra le quali si insinua una seducente strategia ritmica di segni più o meno visibili. C’è una riconoscibilità identitaria nella sua pittura, ovvero il superamento dei limiti fisici del quadro, e nelle installazioni pensate per il Chiostro la soluzione polittica trova contrappunti nelle ampolle d’acqua sospese a muro, ovvero nei contenitori inseriti nelle intersezioni delle tele. Le combinazioni di due o più pannelli non sono casuali nella proposta di Marrocco, ma sono frutto di una sua riflessione sul senso del dipingere oggi, perché se l’autore è padrone della tecnica così da aver imparato ad abitare – visivamente – la soglia del tempo, d’altro canto si dichiara lo stupore che ancora la superficie bianca provoca in lui, stimolando soluzioni sottilmente concettuali.
La scelta delle opere per questa mostra è affidata a Giacinto Di Pietrantonio, che ne darà intonazione critica, in sintonia con il lavoro dell’artista contestualmente esposto alla 58ma Biennale di Venezia. In attesa le giuste parole scelte per interpretare il nucleo di opere sono quelle di Italo Calvino: “Nel giardino dei D’Ondariva i rami si protendevano come proboscidi di straordinari animali, e dal suolo s’aprivano stelle di foglie seghettate dalla verde pelle di rettile, e ondeggiavano gialli e lievi bambù con rumore di carta: dall’albero più alto Cosimo nella smania di godere fino in fondo quel diverso verde e la diversa luce che ne traspariva e il diverso silenzio, si lasciava andare a testa in giù e il giardino capovolto diventava foresta, una foresta non della terra, un mondo nuovo.”
Franco Marrocco nasce a Rocca d’Evandro nel 1956. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, è stato Direttore all’Accademia di Brera. Dopo iniziali esperienze vicine a un realismo di marca espressionista, e una fase in cui la figurazione si anima grazie a un colore intensamente espressivo, Marrocco matura un linguaggio astratto dall’ esito fortemente personale, giocato su una intricata unione di materia, luce e colore. La sua ricerca è condotta partendo dall’indagine memoriale, riflessiva e autobiografica, espressa con una pittura più gestuale ed energica fino alla metà degli anni Novanta, più lirica ed evocativa nella fase recente. Negli ultimi dipinti le immagini astratte lasciano affiorare reminiscenze figurative dall’aspetto fitoforme, che viene quasi occultato da un sottile gioco di chiaroscuri. I lavori di Marrocco hanno bisogno di intervalli anche molto lunghi di lavorazione, dal momento che il risultato finale appare solo dopo numerose velature di colore. Apparentemente compatte, le varie parti delle opere sono ricche di forme celate che si svelano, di tracce di colore e di luce, di segni indecifrabili, ma ripetuti e o costanti, che definiscono quasi un codice inconscio. Nel 1989 espone con successo i primi cicli alla Chambre de Commerce Italienne pour la France di Parigi, al Castello Saraceno di Acropoli e alla Chiesa di Santa Maria a Nives di Rimini, mentre gli anni Novanta sono segnati dal riconoscimento avuto nelle personali a Palazzo dei Priori a Perugia (1991), al Palazzo d’Europa di Strasburgo (1994), al Parlamento europeo di Bruxelles (1998), al Palazzo Reale di Caserta (2000). Si ricordano tra le personali la grande mostra organizzata dal Comune di Frosinone nel 2012, quella ambientata nel Castello di Sartirana e nel 2016 la personale a Palazzo Collicola a Spoleto. Recentemente, insieme all’invito alla 58ma Biennale d’Arte di Venezia, dove espone nel padiglione del Bangladesh a Palazzo Zenobio, altre mostre curatoriali hanno arricchito il suo curriculum (Monza, Villa Reale; Matera, Fondazione Sassi, insieme ad Arcangelo; Carmagnola, Palazzo Lomellini).
L’impianto è quello monocromo, ormai cifra delle sue superfici velate, tra le quali si insinua una seducente strategia ritmica di segni più o meno visibili. C’è una riconoscibilità identitaria nella sua pittura, ovvero il superamento dei limiti fisici del quadro, e nelle installazioni pensate per il Chiostro la soluzione polittica trova contrappunti nelle ampolle d’acqua sospese a muro, ovvero nei contenitori inseriti nelle intersezioni delle tele. Le combinazioni di due o più pannelli non sono casuali nella proposta di Marrocco, ma sono frutto di una sua riflessione sul senso del dipingere oggi, perché se l’autore è padrone della tecnica così da aver imparato ad abitare – visivamente – la soglia del tempo, d’altro canto si dichiara lo stupore che ancora la superficie bianca provoca in lui, stimolando soluzioni sottilmente concettuali.
La scelta delle opere per questa mostra è affidata a Giacinto Di Pietrantonio, che ne darà intonazione critica, in sintonia con il lavoro dell’artista contestualmente esposto alla 58ma Biennale di Venezia. In attesa le giuste parole scelte per interpretare il nucleo di opere sono quelle di Italo Calvino: “Nel giardino dei D’Ondariva i rami si protendevano come proboscidi di straordinari animali, e dal suolo s’aprivano stelle di foglie seghettate dalla verde pelle di rettile, e ondeggiavano gialli e lievi bambù con rumore di carta: dall’albero più alto Cosimo nella smania di godere fino in fondo quel diverso verde e la diversa luce che ne traspariva e il diverso silenzio, si lasciava andare a testa in giù e il giardino capovolto diventava foresta, una foresta non della terra, un mondo nuovo.”
Franco Marrocco nasce a Rocca d’Evandro nel 1956. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, è stato Direttore all’Accademia di Brera. Dopo iniziali esperienze vicine a un realismo di marca espressionista, e una fase in cui la figurazione si anima grazie a un colore intensamente espressivo, Marrocco matura un linguaggio astratto dall’ esito fortemente personale, giocato su una intricata unione di materia, luce e colore. La sua ricerca è condotta partendo dall’indagine memoriale, riflessiva e autobiografica, espressa con una pittura più gestuale ed energica fino alla metà degli anni Novanta, più lirica ed evocativa nella fase recente. Negli ultimi dipinti le immagini astratte lasciano affiorare reminiscenze figurative dall’aspetto fitoforme, che viene quasi occultato da un sottile gioco di chiaroscuri. I lavori di Marrocco hanno bisogno di intervalli anche molto lunghi di lavorazione, dal momento che il risultato finale appare solo dopo numerose velature di colore. Apparentemente compatte, le varie parti delle opere sono ricche di forme celate che si svelano, di tracce di colore e di luce, di segni indecifrabili, ma ripetuti e o costanti, che definiscono quasi un codice inconscio. Nel 1989 espone con successo i primi cicli alla Chambre de Commerce Italienne pour la France di Parigi, al Castello Saraceno di Acropoli e alla Chiesa di Santa Maria a Nives di Rimini, mentre gli anni Novanta sono segnati dal riconoscimento avuto nelle personali a Palazzo dei Priori a Perugia (1991), al Palazzo d’Europa di Strasburgo (1994), al Parlamento europeo di Bruxelles (1998), al Palazzo Reale di Caserta (2000). Si ricordano tra le personali la grande mostra organizzata dal Comune di Frosinone nel 2012, quella ambientata nel Castello di Sartirana e nel 2016 la personale a Palazzo Collicola a Spoleto. Recentemente, insieme all’invito alla 58ma Biennale d’Arte di Venezia, dove espone nel padiglione del Bangladesh a Palazzo Zenobio, altre mostre curatoriali hanno arricchito il suo curriculum (Monza, Villa Reale; Matera, Fondazione Sassi, insieme ad Arcangelo; Carmagnola, Palazzo Lomellini).
Testo Giacinto Di Pietrantonio.pdf |
comunicato stampa |