JORGE EIELSON
(Lima, 1924 - Milano 2006) Nella capitale peruviana si forma in un ambiente ricco di fermenti culturali; si nutre soprattutto di cultura europea, ma è Jose Maria Arguedas che lo inizia alla conoscenza delle antiche culture peruviane. Nel 1949 è invitato a Parigi alla prima manifestazione d’arte astratta, il Salon des Réalités Nouvelles. In seguito espone da Colette Allendy, una delle galleria d’avanguardia più interessanti di Parigi. |
A Roma si stabilisce all’inizio degli anni Cinquanta, dove espone nel 1953 i suoi “movils” alla Galleria L’Obelisco. Le frequentazioni di questi anni romani sono Alberto Burri ed Ettore Colla, Giuseppe Capogrossi, Afro, Mirko, Salvatore Scarpitta, Richard Serra, Piero Dorazio, Mimmo Rotella, Cy Twombly. In questo periodo scrive una della sue più importanti raccolte di poesie, Habitación en Roma, e i suoi due romanzi, El cuerpo de Giulia-no e Primera muerte de María.
Nel 1959 Eielson adotta materiali eterogenei, come cemento, sabbie, polvere di marmo con i quali costruisce un paesaggio austero, astratto. In seguito i paesaggi si popolano gradualmente dell’immagine umana, ricavata attraverso gli indumenti: camicie, giacche, blue-jeans, abiti da sera, da sposa, calze, scarpe, cravatte, guanti. Questo suo interesse per la simbologia e la funzione sociale del vestiario è ugualmente presente nelle sue performances e installazioni. Attraverso la manipolazione dei vestiti - raggrinziti, strappati, bruciati, attorcigliati - Eielson scopre la grande energia e la bellezza racchiuse nel nodo. Espone per la prima volta i “Quipus” alla Biennale di Venezia del 1964, in occasione della quale Alfred Barr, direttore del Museum of Modern Art di New York, e Nelson Rockefeller, acquisteranno due opere tuttora presenti nelle collezioni. Negli anni a seguire partecipa a grandi mostre in musei come il MoMA, accoglie ripetuti inviti al Salon des Comparaisons di Parigi e nel 1969 presenta alla storica mostra “Plans and Projects as Art”, alla Kunsthalle di Berna, il lavoro dal titolo Scultura sotterranea, una serie di cinque oggetti immaginari e irrealizzabili da seppellire in diverse città del pianeta da lui frequentate (Parigi, Roma, New York, Eningen e Lima). Seguono altri progetti: El cuerpo de Giulia-no, performance tratta dal romanzo omonimo, alla Biennale di Venezia del 1972, il Balletto sotterraneo su un vagone in movimento della metropolitana di Parigi; la performance Nage nella campagna parigina; il Concerto della Pace a Documenta 5 di Kassel; il Grande Quipus delle nazioni alle Olimpiadi di Monaco di Baviera e la performance Paracas-Pyramid alla Kunstakademie di Düsseldorf. Con il nodo Eielson approda a una vera e propria sintesi culturale, plastica, magica e simbolica. Il nodo è per lui segno grafico, fondamento estetico, nucleo del colore. Ed è il punto di saldatura fra il passato precolombiano del suo paese e il presente storico e artistico. Il nodo di Eielson è anche il momento di incontro fra i suoi vari codici espressivi, dalla pittura alle tele, agli oggetti, alla poesia, nonché fra le due aree in cui si svolge la sua ricerca materiale e metafisica. Da qui le infinite variazioni dello stesso nodo che esercita molteplici tensioni creando spazi dinamici, altre volte, al posto del nodo con le sue varie tensioni, compaiono fasci di tessuti attorcigliati, che talora sono bandiere, talora indumenti che possono anche presentarsi come oggetti scultorei, tridimensionali, liberati da ogni tipo di superficie o telaio. La sua attività nel campo delle arti visive prosegue con mostre personali al Museo de Bellas Artes di Caracas nel 1986, alla III Bienal de Trujillo in Perù nell’87, al Centro Cultural de la Municipalidad de Miraflores a Lima e alla Biennale di Venezia nell’88 e al Finnish Museum of Design di Helsinki. Nel 1990 tiene una personale all’istituto Italo Latinoamericano di Roma che segna il suo ritorno all’attività artistica in Italia e mette fine a un nomadismo geografico e culturale che ha arricchito e diversificato i suoi modi espressione. Nel 2007 la Biennale di Venezia renderà omaggio alla figura di Jorge Eielson, mentre nascerà a Firenze un centro studi a lui dedicato diretto da Martha Canfield e presieduto da Mario Vargas Llosa. I nodi di Eielson sono un linguaggio che esige di essere spiegato prima di poter spiegare. Sono un linguaggio della piega e dell’implicazione, un linguaggio enigmatico e forse sacro, come attestano i miti congiunti dei nodi di Salomone e di Gordio e come era presso gli antichi popoli andini. Da un punto di vista formale ci troviamo di fronte a delle superfici che con Eielson hanno assunto l’aspetto di volumi. Questo accade perché la superficie si è arrotolata su se stessa, ripiegandosi all’infinito. Alla materialità dei primi lavori, in cui lo spessore è ottenuto per sovrapposizione di strati in concrezioni cromatiche, subentra nella serie dei nodi la torsione come linguaggio proprio della superficie e del piano. Questa aspirazione ad un corpo da creare, ad un linguaggio da spiegare, ad un enigma da risolvere, cioè ad un nodo da sciogliere, ha un significato che va molto oltre il semplice aspetto formale. Si tratta, in sintesi, del’esigenza di un ritorno alla concretezza umana e dell’abbandono dell’artificio della rappresentazione. |