ArteFiera 2022
Dal 12 al 15 maggio 2022
stand Pad. 18 stand C19
Opere di: Arcangelo, Ferdinando Greco, Giancarlo Sangregorio
Dal 12 al 15 maggio 2022
stand Pad. 18 stand C19
Opere di: Arcangelo, Ferdinando Greco, Giancarlo Sangregorio
Per Giancarlo Sangregorio (1925 – 2013) la scultura “sarà sempre rivelatrice di una verità legata strettamente alla vita e alla realtà di chi l’ha creata. Realista solo talvolta nella forma, immancabilmente lo diventa nella sua carica di significato. Riuscirà a rimettere luce interiore, occuperà lo spazio con sicurezza non ostentata, provocherà una repentina o prolungata vertigine temporale”. La sua missione non è di essere decorativa o adulatrice, ma, attraverso la potenza delle forme - a volte grezze come schegge di montagna o rudi come le radici degli olmi, a volte levigate come i ciottoli dei fiumi -, deve essere “misura e rivelazione della condizione umana fragile ed inesplicabile”.
Nelle sue mani la pietra e il legno (ma anche l’argilla, il vetro e la ceramica) non solo trovano il modo di convivere, di incastrarsi e adattarsi una all’atro, ma scavano nella memoria, toccano le radici della vita, dialogano con l’universo in un alfabeto totemico, dalle forme concise, serrate, schiette.
Come gli antichi, Sangregorio crede nelle capacità sciamaniche della scultura, espressione tangibile delle energie cosmiche, le stesse che i popoli primitivi – dall’Africa all’oriente - hanno cercato di racchiudere negli amuleti, nelle maschere tribali, negli idoli intagliati nel legno e nei riti propiziatori. Di questi pezzi tribali Sangregorio ne ha anche collezionati parecchi, alcuni rari e degni del più importante museo etnografico, ma non è solo lì che occorre guardare per trovare le radici della sua arte. Formatosi nelle aule di Brera, con Marino Marini e Giacomo Manzù, tra una figurazione che tenta di superare il vuoto lasciato da Martini e un formalismo che vede una risposta possibile nell’astrazione, Sangregorio sente che la verità è nelle pietre delle montagne dell’Ossola che lo hanno visto crescere, nell’acqua del lago che lambisce l’orizzonte del suo studio, negli alberi centenari che lo circondano e nelle origini longobarde della terra che lo ha visto nascere. Impronte indelebili, che da autobiografiche si fanno universali e dove la materia si allea con la poesia e con il sogno.
Lorella Giudici
Nelle sue mani la pietra e il legno (ma anche l’argilla, il vetro e la ceramica) non solo trovano il modo di convivere, di incastrarsi e adattarsi una all’atro, ma scavano nella memoria, toccano le radici della vita, dialogano con l’universo in un alfabeto totemico, dalle forme concise, serrate, schiette.
Come gli antichi, Sangregorio crede nelle capacità sciamaniche della scultura, espressione tangibile delle energie cosmiche, le stesse che i popoli primitivi – dall’Africa all’oriente - hanno cercato di racchiudere negli amuleti, nelle maschere tribali, negli idoli intagliati nel legno e nei riti propiziatori. Di questi pezzi tribali Sangregorio ne ha anche collezionati parecchi, alcuni rari e degni del più importante museo etnografico, ma non è solo lì che occorre guardare per trovare le radici della sua arte. Formatosi nelle aule di Brera, con Marino Marini e Giacomo Manzù, tra una figurazione che tenta di superare il vuoto lasciato da Martini e un formalismo che vede una risposta possibile nell’astrazione, Sangregorio sente che la verità è nelle pietre delle montagne dell’Ossola che lo hanno visto crescere, nell’acqua del lago che lambisce l’orizzonte del suo studio, negli alberi centenari che lo circondano e nelle origini longobarde della terra che lo ha visto nascere. Impronte indelebili, che da autobiografiche si fanno universali e dove la materia si allea con la poesia e con il sogno.
Lorella Giudici